Testo a cura di Donatella

A differenza degli umani, che nel corso dell’evoluzione hanno squalificato progressivamente l’utilizzo in termini istruttivi dell’olfatto, gli animali hanno invece continuato e continuano ad utilizzare questo senso come un linguaggio muto e invisibile ma ricchissimo di informazioni e significati. La teoria evoluzionistica ci insegna che caratteristiche fisiche-comportamentali fondamentali per la continuazione della specie vengono mantenute nelle generazioni che si susseguono, senza sostanziali regressioni o variazioni.

Mentre nell’uomo la superficie olfattiva è ridotta a circa 5 cm2, nel gatto si arriva quasi a 20 cm2.
I gatti, inoltre, decodificano e interpretano gli odori anche con un organo vomeronasale non presente nell’uomo (l’organo di Jacobson) molto sofisticato e posizionato interno al palato. E’ una zona intensamente ricca di terminazioni percettive verso la quale vengono sospinti gli odori aspirati (o si dovrebbe dire “assaggiati”) con la bocca socchiusa: questo particolare atteggiamento viene chiamato “flehmen” (dal verbo tedesco che significa “incurvare il labbro”).

In contesto aperto normalmente i gatti non sterilizzati tendono a fissare un confine territoriale di propria pertinenza, lungo il quale appongono la loro “firma” anche con graffiature sui tronchi degli alberi (segno visivo ma anche olfattivo rilasciato dalle ghiandole tra i cuscinetti delle zampe) o con spruzzi di urina che vengono apposti su superfici verticali, ad un’altezza non simbolica ma specifica: quella del naso degli altri gatti di passaggio. I quali a loro volta acquisiscono da questa traccia dati come il sesso o l’età, ma anche quanto tempo è passato rispetto alla presenza dell’altro felino in zona.

Questo comportamento è orientato ad evitare incontri non graditi con possibili gatti residenti in territori attigui e crea una sorta di perimetro virtuale di movimento per ciascun gatto presente in una data zona.
Nell’urina del gatto uno dei componenti olfattivi volatili preminenti risulta essere la felinina (una sostanza legata al testosterone, ormone maschile) che, ossidandosi e degradandosi progressivamente, rilascia a diversa intensità dei residui solforosi che ne connotano l’odore intenso e acre.

Ci sono anche ghiandole sebacee che rilasciano l’odore personale di ogni gatto posizionate nella zona del muso e nella zona caudale-anale.

Riguardo al gatto di casa persino l’uso corretto o meno della lettiera ci “dice” qualcosa: non è da escludere che se il gatto lascia in lettiera i propri escrementi senza coprirli stia dichiarando che forse la sabbia è di tipo troppo profumato o che è stato usato nel pulirla un detergente troppo aromatico o addirittura che (se ci sono altri felini conviventi) lui/lei siano il gatto dominante rispetto agli altri.

Viene così ancora sottolineata l’importanza degli odori di esclusiva appartenenza corporale con i quali il micio ribadisce vigorosamente un concetto attinente la propria sfera emotiva (ansia, fastidio, stress) senza emettere un suono ed in maniera invisibile nello spazio ma relativamente continuativa nel tempo.

Abbiamo potuto verificare tramite gli affidatari che in mici particolarmente ansiosi diventa problematica anche la dispersione (tra le scapole dell’animale) dei prodotti antipulci: nonostante vengano esposti a pochissime gocce di medicinale (ma con un odore pungente e intenso) alcuni gatti manifestano reazioni di iperattività cinetica spropositata rispetto all’evento, correndo e scrollandosi vistosamente quasi a voler ripristinare la propria integrità olfattiva.

Allo stesso modo è stato possibile verificare nella nostra sede, dove vengono accolti decine di mici, e soprattutto manipolati frequentemente per i motivi più disparati, quanto alcuni di loro (spesso i più spaesati o spaventati) non amino essere approcciati se le mani delle volontarie hanno magari accarezzato subito prima un altro micio. La proverbiale dote felina circa l’igiene personale viene continuamente ribadita dai singoli ospiti mediante gli opportuni riti di pulizia e auto-leccamento (con l’effetto di riacquisire i propri tranquillizzanti effluvi personali) mentre la pulizia e il cambio frequente delle coperte nelle cucce consente a tutti i gatti di scegliere una “tana” tranquillizzante anche olfattivamente.

Alcuni gatti hanno anche reazioni definibili “eccitate” verso particolari odori come quello delle olive (sì, le comunissime olive verdi da antipasto) ma anche del legno di ulivo, o quello della Nepeta Cataria, volgarmente detta erba gatta dal vago aroma di ruta-mentuccia che pare avere sui felini un effetto particolarmente euforizzante.

Quanto più il nostro micio domestico entra in confidenza con noi tanto più sarà forte per lui la necessità di “inglobarci” nel suo mondo invisibile: ecco spiegato il perché non appena si rientra a casa (o comunque nella sua zona di stazionamento) scatta la fase di strusciamento proprio per apporre su di noi il suo odore ed eliminare quelli portati dall’esterno. Il micio ci sta dicendo che noi siamo per lui a-mici, addirittura a-mici intimi se lo strusciamento avviene mediante contatto tra il suo muso e la nostra faccia. Questa estrema intimità frontale e diretta con sovrapposizione di odori personali non avviene tra gatti sconosciuti mentre è affettuosa prassi comune tra mamma gatta ed i micini o comunque tra animali che sono in confidenza reciproca.

Metodici e sistematici, alcuni gatti amano sdraiarsi sopra i panni sporchi o schiacciare un pisolino sui panni appena puliti e stirati. Quella che all’osservazione umana parrebbe un controsenso (oltre che un fatto disdicevole per motivi opposti) è invece un’azione mirata allo stesso risultato: colonizzare con il proprio odore ciò che li circonda.

La pelle è come noto l’organo umano con la più grande estensione, attraverso cui avviene la dispersione del sudore. E’ possibile che il micio percepisca a fior di pelle i nostri stati di malessere o stress?
C’è un progetto medico in continua evoluzione ed applicazione riguardante l’inserimento di cani “guida” a fianco di persone sofferenti di attacchi di epilessia. Alcuni cani, opportunamente addestrati, sanno riconoscere olfattivamente le variazioni microchimiche epidermiche tipiche del periodo che precede l’attacco epilettico, allertando in anticipo il loro compagno umano.
Per analogia è dunque ipotizzabile che anche il nostro gattone domestico “fiuti” le nostre variazioni chimico-ormonali associandole a nostri precisi stati emotivi correlati.

Va forse letta in quest’ottica anche la inusuale capacità di Oscar, un felino di due anni, allevato quando era ancora un cucciolo e cresciuto nel reparto per demenza del centro di cura e riabilitazione «Steer House Nursing and Rehabilitation Center» nello stato di Rhode Island. Qua vengono assistiti pazienti malati di Alzheimer, Parkinson e altre malattie degenerative.
Il gatto ha manifestato una peculiarità estremamente particolare: si presenta e si sofferma solitamente nelle stanze dei pazienti dove – di lì a breve e spesso senza apparente preavviso – avviene sistematicamente il decesso dell’ospite.

La storia di Oscar (ampiamente riportata su riviste scientifiche e ripresa dalle cronache mediatiche) è frutto dell’osservazione delle abitudini dell’animale da parte dello staff medico della casa di riposo. Il personale medico si è accorto che il gatto era solito fare un giro quotidiano nei corridoi e nelle stanze dei ricoverati, esattamente come dottori e infermiere. Controllava spesso i residenti della casa, li annusava, li osservava e si metteva vicino alle persone, la cui morte avveniva di solito nel giro di poche ore. In 25 casi la «previsione» è risultata giusta. Quando il gatto si trova nella stanza di un ricoverato, il personale dell’ospedale ormai passa ad avvertire i congiunti. Perchè questo significa, nella regola, che il malato ha solo qualche ora di vita.

L’ambiente scientifico ha sottolineato la possibilità teorica che Oscar sia in grado di percepire odori bio-chimici (o variazioni minime di tipo elettromagnetico) imminenti alla premorienza, ma la sua resta in ogni caso una storia piena di interrogativi e suggestioni.