Testo a cura di Donatella

 

C’era una volta un uomo, uno qualunque.

Aveva passato la vita a fare il macchinista sui treni e quando finalmente ne era sceso, aveva deciso che il suo orto e il suo grande cortile pergolato da una vite sarebbero stati tutto ciò di cui voleva occuparsi. Solo la terra. Terra ferma, non più in movimento dai finestrini di un treno.
Però con una casa fatta così era impossibile non incontrare un gatto.
Anzi, tutti i gatti randagi che passavano di lì. E che finivano per innamorarsi, ricambiati, di quell’uomo ormai sempre più anziano e schivo come loro, che nulla gli chiedeva.
Un paio di loro avevano deciso di restare anche a morire lì, sotto quel bel pergolato. Lui li aveva delicatamente sepolti acciambellati dentro il loro ultimo eden. E altri ne avevano preso il posto.
C’era sempre una ciotola di cibo, soprattutto la notte quando parlano solo i gatti.
Di giorno invece sempre meno parole con tutti i vicini, tranne con una signora strana.
Lei era una vicina conosciuta da tutti come “quella dei gatti” e si diceva in giro che era volontaria di un’associazione che curava e seguiva i gatti randagi.
Pareva che quell’uomo ogni tanto si fermasse sul limitare del suo orto e le parlasse.
“Sicuramente di gatti, perché non han niente di serio da pensare” tutti dicevano lì intorno.
Un giorno l’uomo si ammalò gravemente e i suoi amati convivi notturni con gli amici randagi si diradarono.
Decise coscientemente di non vedere più nessuno. Nemmeno la sorella suora arrivata da lontano.
Lucido e sofferente fino all’ultimo, si ritirò dentro la casa. Come avrebbe fatto un gatto randagio morente. Solo.
Anche l’ultimo micio che gli faceva compagnia, un giovane maschio bianco esuberante di nome Marcellino, entrava silenzioso e discreto fino al suo letto per ottenere le coccole che di solito si scambiavano nell’orto.
Lasciò detto a un fratello che avrebbe voluto tornare a essere terra e di poter essere cremato.
Giulio era fatto così. Schivo come i tanti gatti che aveva amato, rispettato e accudito nel tempo.
E con la sua morte, il mio piccolo mondo ha perso un uomo sensibile e discreto come solo i veri gattari sanno essere.

Donatella

 

Il gatto randagio ha già di suo molti problemi legati alla lotta per la sopravvivenza. Però quello più oscuro e indecifrabile per lui – e a volte anche per tutti gli altri umani – è il gattaro che incrocerà la sua strada.

Nei profili che seguono ogni riferimento a fatti (e a gatti) o persone è puramente intenzionale e tratto dalle esperienze personali in 14 anni di volontariato sui randagi. E sui bipedi  che vorrebbero esserne i paladini e ne condividono il percorso di vita.

Lungi dall’essere una galleria completa o esaustiva di ailurofili, va fatta però una doverosa precisazione: scordatevi il vecchio luogo comune che vuole “la gattara” per definizione anziana, trasandata, vagamente analfabeta, e soprattutto femmina.

Niente è quel che sembra … nel gattaro-seriale.

L’integra(nima)lista

Categoria davvero pericolosa ed estremista. Sia per i gatti che per gli umani.  Verso questi ultimi mostra sempre atteggiamenti di irritazione estrema e dichiarata misantropia.

Per contro – siccome è incavolato a prescindere con tutto il genere umano – focalizza la sua attenzione soffocante esclusivamente sui randagi, che ritiene essere come lui. Disprezzati e osteggiati dal resto del mondo. Canalizzando tutte le sue energie sui felini, finisce con il difenderli ad ogni costo e con ogni mezzo. Negherà tutti i tentativi di sterilizzazione, sostenendo che sono contro natura. Rifiuterà ogni consiglio mirato a cercare di migliorare i contesti di vita della colonia.

Se discutete con lei/lui sulla “bidonville” che ha allestito sul suolo pubblico per dare riparo ai gatti, arriverà a minacciare di chiamare la forza pubblica e denunciarvi per maltrattamento animali.

Se il soggetto è proprietario di un’attività (agricola, vivaistica, o analoga) sosterrà che gli animali devono riprodursi indiscriminatamente per fini meramente personali (i topi ci sono anche nel terzo millennio), salvo mantenere numericamente sotto controllo il numero dei felini presenti secondo pratiche arcaiche: quando va bene vengono deportati vivi altrove, quando va male ci pensa la strada trafficata lì vicino o qualche virus letale a farne falcidie.

Lo Psicolabile (conclamato)
Il binomio gatti e malattia psichica sembra un accostamento improbabile e assurdo.

Invece in alcuni casi funziona sorprendentemente in maniera positiva.

Ma ad alcune condizioni essenziali: che non si tratti di patologie schizofreniche paranoidee o analogamente pericolose (per cui il randagio che passa diventa l’incarnazione del male e finisce con la coda incendiata non una ma due volte in un anno) e che le terapie farmacologiche lascino un minimo di reattività intellettiva evitando di stordire la persona.

Nei centri di recupero psichiatrico c’è tanto tempo da far passare alla ricerca della salute mentale. Li trovi ad aspettare insieme: l’uomo e il gatto randagio finiscono con il trovarsi vicini in queste “isole” spazio-temporali dove lo stress frenetico non entra. A volte non ci entrano più nemmeno i parenti del paziente.

I movimenti sono forzatamente lenti per entrambi. L’uomo è offuscato dai farmaci. Il gatto lucidissimo e guardingo lo studia. Se la sedazione del paziente non è troppo forte, di solito il boccone avanzato dalla tavola finisce con l’essere il primo incontro con il felino.  Che non giudica, ma si insinua. Una sorta di humane-therapy involontaria.

La linea di confine tra l’animale e l’uomo viene scavalcata dall’uno o dall’altro sempre in forma istintiva e l’approccio reciprocamente cauto facilita il loro contatto.

Necessaria e imprescindibile la supervisione esterna dei felini da parte di un volontario, nonché almeno una minima co-operazione degli operatori sanitari di struttura. Infatti è facile trovare molta più intolleranza verso i felini tra le file del personale sanitario, addestrato ad essere “sterile” anche dal punto di vista del sentimento e dell’empatia, non solo verso i pazienti ma anche verso gli “inutili, fastidiosi e scomodi” gatti di nessuno.

Non a caso la strage di oltre 15 gatti sterilizzati avvelenati qualche anno fa con la stricnina è avvenuta all’interno dei giardini dell’Ospedale Civile di Brescia.

Quando per fortuna invece finisce bene come nei veri “happy ending”, l’ormai ex-malato torna a casa con un compagno a quattro zampe ex-randagio, riscattato e di valore aggiunto al successo delle terapie.

Lo Psicolabile (libero)

Il DSM-V, volume compendio di tutte le malattie psichiatriche, definisce come patologica la tendenza alla raccolta compulsiva e indiscriminata e lo stoccaggio di grandi quantità di cose inutili o di poco valore ma anche di animali e la successiva incapacità di liberarsene. Il criterio diagnostico riferito a queste persone evidenzia che l’impulso all’accaparramento è irresistibile e può portare a una significativa compromissione delle normali attività oltre che ad una saturazione totale dei loro spazi abitativi.

Il profilo del “collettatore” di animali (in inglese hoarder) è quello di una persona malata dal punto di vista psicologico, e nella cui mente si innesca una sorta di corto circuito comportamentale paradossalmente drammatico: nel tentativo ossessivo di raccogliere e contenere al chiuso (pensando di proteggere) tutti i gatti che incontra, la situazione  gli sfugge di mano innescando scenari terribili.

In America sono stati filmati e documentati recenti casi di collettatori compulsivi di gatti. La SPCA (Società di Protezione Animali) di Detroit è stata chiamata a liberare 247 gatti stipati dentro una villetta, il cui proprietario si era ormai traslocato nel garage adiacente lasciando i gatti blindati dentro la casa e limitandosi a buttargli all’interno del cibo. Le immagini riferite all’incursione sono di estrema drammaticità: le poche lettiere erano coperte da alti cumuli di escrementi e il tasso ammoniacale delle urine sparse ovunque internamente agli ambienti obbligava gli operatori ad indossare la maschera anti-gas.

Inutile dire che tutti gli animali erano gravemente malati o completamente in preda a nevrosi irrecuperabili.

Però, senza andare fino in America, basta guardare la cronaca locale del 2005 a Brescia, per il nostro intervento sugli oltre 60 gatti che abbiamo trovato rinchiusi nella cascina di Via Volta …

Il natura(nima)lista

Ti chiama quando ormai la situazione gli è già sfuggita di mano. Animato dai migliori intenti aveva incominciato dando da mangiare sotto ad un cespuglio ad un gatto randagio. Che nell’arco di 6 mesi era diventato un po’ cicciotto (?!) e però poi aveva anche partorito (!!) 3 gattini selvatici. Ma siccome lui è buono d’animo ancora pensa di fare tutto da solo e continua in solitario nell’opera di catering colonia. Che nel frattempo, dopo altri 6 mesi, è diventata di 11 gatti (quindi son sicuramente di più) nonostante i 3 che si è portato in casa e i 2 che ha fatto adottare e malgrado questo adesso i vicini cominciano a lamentarsi…
Ottimo profilo dal punto di vista del felino che se potesse gli assegnerebbe una valutazione da 5 stelle quanto a sensibilità ed accondiscendenza, mentre da parte umana di solito il soggetto si è già ampiamente conquistato nel tempo l’antipatia dei vicini più reazionari e intolleranti, che nella migliore delle ipotesi lo bollano come uno strano animalista perditempo.
Essendo più incline ai rapporti sociali di altri gattari, il naturalista inconsapevole è di base una figura positiva, che cercherà aiuto in altre persone o conoscenti.
E’ fondamentale che percepisca la condivisione del suo obiettivo anche nel suo interlocutore: l’accudimento e il benessere dei mici.
Una volta assodato questo, è probabile che diventerà un buon gattaro in tutte le sue sfaccettature, collaborando con le catture, somministrando cibo, segnalando nuovi gatti e controllando che la colonia sia sempre in condizioni ottimali.

Il vetustanimalista

Un dato di fatto è certo: la vita umana si è mediamente allungata.
Questo è forse il profilo di gattaro più rispondente al luogo comune ed è una categoria ancora equamente composta da uomini e donne di oltre 80 anni. Nel corso della loro vita hanno visto tanto e anche tanti gatti, quindi per loro è normale che ci siano molti felini. I grandi vuoti della vecchiaia si riempiono bene con i gatti randagi. Di solito sono persone ancora relativamente lucide, a volte sofferenti di qualche acciacco fisico serio, soli o già vedovi, senza frequentazioni sociali. In alcune rarissime eccezioni c’è occasionalmente una badante straniera remunerata dai parenti, ed è lei il mediatore della segnalazione della colonia. Avete letto bene: forse i parenti non sanno nemmeno della presenza dei felini. Se il contesto dove vivono lo consente è probabile che i gatti entrino ed escano liberamente anche da casa loro, dove gli anziani cercano di sopravvivere con esigue entrate economiche.

Assomigliano ai loro animali: sono schivi, silenziosi, non molto in salute e sembrano apprezzare le piccole ritualizzazioni quotidiane che segnano la scansione del tempo.
Categoria fortemente amata dai randagi, persino quelli più selvatici, è però per sua stessa condizione implicita già fortemente svantaggiata nella vita di tutti i giorni. La scarsa autonomia di movimento ed economica li rende persone estremamente fragili. La loro precarietà si riversa direttamente anche nel rapporto coi gatti.
I soldi servono a vivere e agli animali va quello che avanza – se avanza – del cibo.
Le lattine di cibo in scatola sono un’invenzione di questo secolo, ma loro arrivano da un’altra epoca dove ai gatti era solo consentito di arrangiarsi. Quindi nelle pentole vecchie usate come ciotole e incrostate da residui ammuffiti ci trovi anche il pane secco intero, le bucce di verdura e qualche guscio d’uovo. Se va bene la domenica c’è un osso di pollo, che poi lo trovi infilato a fare ascesso nella guancia di una gatta scheletrita dalla fame e sfinita dall’allattamento dei cuccioli.
I vegliardi non ostacolano le catture, anche se non capiscono tutto il gran da fare che ti dai per le sterilizzazioni. Ai loro tempi non si faceva e tutto continuava secondo natura, quindi ti guardano come un alieno al lavoro. Gli regali delle crocchette per gatti e loro le centellinano come se fossero oro.
E tu non hai il coraggio di pensare a quando i tanti gatti forse gli sopravviveranno …

L’insospettabile (lei)

La vedi scendere dall’auto grintosa in tubino nero e tacchi alti. Il parcheggio è defilato, quindi sicuramente il suo amante è li che la aspetta. Lui l’ha sentita arrivare. Riconoscerebbe il rumore della sua auto tra mille. Infatti, da dietro un furgone spunta un maschio dagli affascinanti occhi azzurri. Però ha anche la coda, quattro zampe e un orecchio tatuato dopo la sterilizzazione.
Lei lo raggiunge nella penombra con andatura incerta, cercando di non inciampare e pensando che dovrebbe portarsi sempre un cambio d’abito comodo, come quello che indossava quando ha passato le sere d’inverno a catturare i 15 gatti della colonia per farli sterilizzare.

E’ una persona costante, coerente, intimamente sensibile ma anche eclettica. Quindi nel bagagliaio porta sempre un paio di lattine di cibo e una scatola di crocchette per il branco dei disperati che ha deciso di accudire e seguire per scelta. Magari ci va tra una video-conferenza e un meeting aziendale, all’alba o al tramonto, ma ci va. Quasi tutti i giorni, quasi in segreto da tutti, consapevole che molti dei suoi amici e colleghi non capirebbero perché invece di un’ora di palestra passa mezz’ora in silenzio tra i felini. Le piace il contrasto tra il suo aspetto pubblico così eclatante e quello silenziosamente privato e riservato ai mici.

E’ così orientata ai felini che persino se si trova a Cuba piuttosto che a New York, in Russia piuttosto che a Formentera, in ferie o per lavoro, tende a controllare quanti randagi vede in giro, preoccupandosi di capire qual è il loro feeling con la popolazione locale e informandosi sulla presenza di associazioni protezionistiche o di gattari indigeni del luogo.
L’insospettabile (lei) non la troverete facilmente: sa dissimulare la sua passione felina esattamente come i suoi gatti randagi sanno mimetizzarsi nello scarso verde metropolitano.

Forse l’unico che conosce il suo vizio segreto è il suo compagno di vita bipede, costretto a noiosissime deviazioni stradali quando escono insieme, perché lei deve fare il catering colonia. E lui la asseconda rassegnato chiedendosi perché lei non fa solo shopping come tutte le altre.

L’insospettabile (lui)

E’ sicuramente un avvocato. Anzi no, fa il geometra per Trenitalia. A volte fa l’operaio, oppure l’infermiere. Magari è laureato. Potrebbe essere un pensionato o un giovane fotografo professionista free-lance. Oppure è di nazionalità straniera.
Sicuramente un uomo, in piena facoltà di intendere e volere. Uno come tanti. Ha deciso per indefinibili motivi e-motivi (oscuri forse persino a lui) di prendersi cura di un gruppo di gatti randagi.

La roccaforte della sua identità maschile subirebbe un serio attacco se qualcun altro sapesse di questa sua inclinazione sentimentale, che secondo lui è ancora semplicisticamente legata al clichè della persona “strana”. Quando gli è capitato di intenerirsi per un gatto randagio, lui ha ceduto emotivamente e dunque non ci tiene a farlo sapere in giro. Quindi in questo caso il suo accudimento colonia assomiglia molto alle incursioni partigiane in incognito o alle operazioni sotto-copertura dei servizi segreti. Lui milita nel ruolo di gattaro, ma negherà ufficialmente di esserlo, come un vero Robin Hood, difensore dei più deboli e con orgoglioso tratto distintivo che ha sicuramente in comune con l’insospettabile (lei).
Se la colonia è sul luogo di lavoro oppure sotto il condominio dove abita, saranno i gatti a “tradirlo”, nel senso buono del termine ovviamente. La sua sola presenza o la sua stessa voce porteranno in emersione tutti gli attentissimi felini accuditi lì nei dintorni. A quel punto, colleghi e vicini, lo additeranno comunque come “il signore dei gatti”, con tutte le implicazioni del caso. E se dalla sua c’è anche una moglie/compagna/convivente che condivide la scelta , la colonia può considerarsi fortunata con un duplice accudimento.

Un ruolo molto importante lo giocano il carattere e la psicologia dell’insospettabile lui, suo malgrado costretto a confrontarsi da subito con tutto il resto del mondo, felino e umano. Decidere per le sterilizzazioni con i volontari o spiegare la presenza delle ciotole al vicino di pianerottolo possono essere motivo di discussioni infinite, quasi come quelle per un gol annullato su un presunto fuorigioco calcistico. E poi dicono che sono le donne le paladine dei randagi …

Il casual-animalista

Per lui/lei i gatti randagi sono una faccenda casuale. In tutti i sensi possibili. Di solito non sono i veri “sostenitori” sistematici della colonia, ma li si può considerare come dei fiancheggiatori.

A volte il gattaro ufficiale (se i loro rapporti sono amichevoli) si avvale del loro “aiuto” in caso di sua assenza o indisposizione. A volte invece si sovrappongono nell’accudimento fingendo di non sapere l’uno del passaggio dell’altro. Però è nota la proverbiale riservatezza che li accomuna: i gatti vanno accuditi senza troppo clamore. Peccato che ti accorgi comunque quando passa il casual-animalista.

Siccome ritiene che l’importante sia il risultato a volte lascia nelle ciotole tonnellate di cibo (in gran parte composto dagli avanzi della tavola) anche se in colonia sono rimasti solo 3 gatti, distribuisce le razioni sempre a orari diversi e in giorni diversi (tanto per non essere scoperto) disorientando anche gli animali, oppure usa metodi ingegnosi se la colonia è in punti di difficile raggiungimento.

Ho trovato fiancheggiatori che lanciano gli scarti di carne della macelleria compiacente direttamente dalla finestra di casa verso il campo incolto confinante su cui vive la colonia, oppure lasciano una coscia intera di mucca (bovino, esatto) o una trota salmonata di 2 kg ancora surgelata e non eviscerata, sotto la quale si è fracassato il minuscolo vassoietto di polistirolo usato dall’altro gattaro. Se la colonia vive in un edificio dismesso o in un perimetro non abitato e non accessibile ai pedoni, lei potrebbe anche usare una pala da pizzaiolo per “servire” il vassoio con il cibo direttamente oltre il cancello chiuso, oppure lui legare le ciotole a uno spago per calarle oltre muretti e recinzioni.
Se il contesto glielo consente, qualcuno si spinge fino a creare artigianalmente anche ripari per i mici che assomigliano a delle favelas in miniatura …

Quintessenza della creatività tutta italiana, sono molto preoccupati per il cibo, ma badano poco a tutto il resto (nuovi gatti, nascite, malattie), compresa la sporcizia che di solito si lasciano dietro, con il risultato di mandarsi all’aria da soli la regola della riservatezza a scapito dei gatti, dimenticando che stanno accudendo uno degli animali più igienisti e metodici che si conosca in natura e da cui dovrebbero imparare …

Ora provate a mettervi dietro agli occhi di un randagio che guarda questa varia umanità gironzolargli intorno … il randagio dei giorni nostri è già un OGM: Ogni Gatto è Modificato se per sopravvivere deve sviluppare un cervello ibrido che contenga, comprenda ed elabori i suoi pensieri ma anche quelli dell’umano che ha di fronte a sé.

Un randagio vorrebbe …

Che ci fosse almeno un piccolo riparo sicuro e asciutto per dormire lontano dal traffico e protetto da intemperie

Che ci fosse un luogo di riferimento per le ciotole (che se poi sono pulite è anche meglio)

Che ci fosse un tempo di riferimento per la distribuzione cibo (che se poi è sempre a quell’ora ci si può riconoscere tra noi)

Un gattaro dovrebbe …

Lasciare puliti e in ordine gli spazi dove alimenta la colonia

Rimuovere gli avanzi di cibo, soprattutto se la colonia è in un condominio

Conoscere a memoria i gatti della colonia

Accorgersi di nuovi animali

Rispettare le gerarchie, le dinamiche, le caratterialità del gruppo felino

Non forzare la socializzazione intra/inter-specifica di ogni micio che incontra

Attivarsi quando rileva zoppie, scolo nasale, occhi cisposi e ferite anche minime

Avere sempre disponibile un trasportino gabbietta

Tenere con se i numeri telefonici utili (asl, veterinario, associazioni animaliste)

Coordinarsi con qualcun altro per controllo e alimentazione colonia

Evitare di mettere in posizione di rischio la colonia

Essere discreto nell’agire e nel fare, sia con i randagi che con gli umani

Ma soprattutto dovrebbe procedere alla sterilizzazione sistematica dei felini, sin dal primo gatto randagio che deciderà di accudire.